Accanto al cubo di Rubik e caffè Illy, anche la penna a sfera, che per noi italiani è comunemente detta biro, ha origini ungheresi. Prende infatti il suo nome dal giornalista ungherese László József Bíró, che l’ha brevettata nel 1938.

Come è nata l’idea?

Come spesso capita per le grandi innovazioni, sembra che il signor Bíró abbia tratto ispirazione da una cosa estremamente semplice: ha visto dei bambini giocare a bocce. Ha notato infatti che le bocce, attraversando una pozzanghera, ne uscivano lasciando un tratto omogeneo sul terreno. Da lì, l’illuminazione: il meccanismo poteva essere sfruttato per la scrittura, inserendo una sfera nella punta della penna e impregnandola in un inchiostro sufficientemente viscoso (affinché non si seccasse).

Il brevetto in Gran Bretagna e la vendita al barone Bich

La penna a sfera non è stata brevettata in Ungheria. A causa dell’antisemitismo, infatti, Bíró aveva dovuto lasciare la sua patria e ha depositato il brevetto in Gran Bretagna nel 1938, insieme al fratello György che faceva il chimico. Successivamente, si è trasferito in Argentina e lì, nel 1940, ha aperto la sua fabbrica “Biro. Penne di Argentina”. Sfortunatamente, in pochi anni Bíró è stato costretto a vendere il brevetto ad un barone francese: Marcel Bich. Questo tipo di prodotto necessitava infatti di un ingente investimento iniziale, che non era sostenibile per il giornalista ungherese. Ironia della sorte: l’inventore, Bíró, è morto in ristrettezze economiche, mentre il Bich è diventato ricchissimo con la sua penna Bic, che ha perso la h finale del cognome del barone  ed è diventata la più venduta al mondo.

Da lusso a oggetto comune

Per quanto al giorno d’oggi avere una penna a sfera rappresenti una cosa assolutamente normale, per molti anni è stata un vero e proprio lusso. Si pensi che il prezzo medio negli anni ‘40 era attorno ai 12,50 dollari (una cifra esorbitante per l’epoca).
Con la produzione di Bich negli anni ’50, invece, la penna è diventata accessibile a tutti. Veniva prodotta in plastica, consentendo un prezzo molto inferiore al modello originale (di circa 0,50 dollari a pezzo).

Una diffusione non facile

Nonostante le bic fossero economiche, non hanno avuto immediata diffusione. Le insegnanti dell’epoca, infatti, sostenevano che per una bella grafia fosse imprescindibile l’uso di inchiostro e pennino. Imparare a scrivere seguendo le regole della calligrafia del tempo non era possibile con le penne a sfera. Questa ostilità era talmente diffusa da comportare un divieto di utilizzo delle bic presso le amministrazioni pubbliche e gli istituti di credito italiani fino al 1961. Qualora i documenti venissero firmati con una penna a sfera, venivano rigettati.
Successivamente, la praticità ha avuto la meglio sui canoni della vecchia scuola. Nel 2005 Bic ha raggiunto il traguardo di 100 miliardi di prodotti venduti.
Una curiosità: ogni penna (secondo quanto affermato da Bic) consente tre chilometri di scrittura. Grazie a Bic, facendo due conti, è come se l’intera umanità avesse coperto la distanza dalla Terra a Marte per 5.892 volte.



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Fonte immagine di copertina: Ma7