L’insurrezione di Budapest è venuta dopo. Non solo per ragioni cronologiche, essendo databile nell’autunno del 1956, ma prima ancora per un motivo ‘spirituale’. Infatti, se gli animi degli abitanti della capitale s’infiammano durante la celebre insurrezione contro la dittatura di Mátyás Rákosi, già quattro anni prima quelli di tutti gli ungheresi s’infervorano davanti allo spettacolo che la loro Nazionale di calcio offre in Finlandia, alle Olimpiadi di Helsinki.

L’Aranycsapat di Puskas, ovvero l’Ungheria “squadra d’oro”, vinse l’oro olimpico nel 1952

È allora che prende forma la ‘Aranycsapat’, la ‘squadra d’oro’, figlia di una vera e propria rivoluzione. Márton Bukovi, allenatore della gloriosa MTK Budapest, e Gusztáv Sebes, c.t. della Nazionale, proprio sul finire degli anni ’40 avevano compensato l’arretramento del centromediano metodista in difesa – imposto dai ‘sistemisti’ come Herbert Chapman, leggendario manager dell’Arsenal– con quello del centrattacco, non più chiamato a finalizzare il gioco, ma a collaborare con i mediani nella sua costruzione, mentre le punte esterne si accentravano per cooperare nella conclusione a rete. Erano nati così il primo falso nueve della storia ed il 3-2-3-2 magiaro, che non era solo una questione di numeri, perché mai come allora la svolta tattica era diretta conseguenza dell’ideologia di sinistra che, dal dopoguerra in poi, attecchì sulle rive del Danubio e dintorni.

Se si parla di ‘calcio socialista’ è appunto per far intendere quel che l’arretramento della punta centrale simboleggia alla perfezione: tutti al servizio della squadra e nessuna ‘prima donna’. O quasi. Perché per sfruttare la rassegna olimpica ed imporre all’attenzione del mondo il nuovo verbo della rinascita collettivistica del football, Sebes ha bisogno di un ‘messia’. Lo trova in Ferenc Puskás, un mancino che calcia disinvoltamente anche col destro, per tutti ‘il colonnello’, avendo conseguito il grado nell’esercito grazie alla sua militanza nell’Honvéd Budapest (ex Kispest), sodalizio controllato direttamente dal Ministero della difesa ungherese.

Figlio d’arte, eccellente nel gioco rasoterra, mortifero nel dribbling e rapido nella conclusione a rete, Puskás guida da vero capitano e leader carismatico la selezione magiara in terra finnica. Con lui e grazie a lui brillano il portiere Gyula Grosics, per agilità soprannominato ‘la pantera nera’; il perno difensivo Gyula Lóránt, pressoché invalicabile; il ‘cervello’ della compagine József Bozsik, forse il primo play della storia del calcio, di straordinaria sagacia tattica; Zoltán Czibor, ala preziosa per i suoi assist; Nándor Hidegkuti, che nello scacchiere di Sebes è il centravanti di manovra ed il primo rifornitore proprio di Puskás e del suo compagno di club Sándor Kocsis, talmente abile nel gioco aereo da guadagnarsi l’appellativo di ‘testina d’oro’.

Medaglia della XV edizione dei giochi olimpici di Helsinki 1952.

La travolgente ‘rapsodia ungherese’ è un’autentica marcia trionfale verso l’oro, diretta magistralmente da Puskás, che se non va a segno nell’iniziale 2-1 ai ‘cugini’ romeni e nello squillante 3-0 inflitto all’Italia del c.t. Meazza, inventa provvidenzialmente gioco e spazi per i compagni, specie per il ‘gemello’ di reparto Kocsis, marcatore in entrambe le gare. L’attesa per il primo sigillo del ‘colonnello’ è breve: già nel deflagrante 7-1 che annienta la Turchia ai quarti scrive due volte il proprio nome nel tabellino delle segnature, in questo prontamente uguagliato dal solito Kocsis, e nel tennistico 6-0 col quale, in semifinale, i danubiani sbriciolano la Svezia, è di Puskás il gol che, già al 1’, piazza in discesa il match e spalanca imperiosamente agli uomini di Sebes le porte della finale.

Stavolta è la Jugoslavia, trascinata in campo dal talentuoso Vujadin Boškov, a doversi arrendere per 2-0. Nell’occasione Ferenc si fa prima parare un rigore da Beara, calciando dal dischetto più il gesso che il pallone, poi però rimedia da par suo trovando lo spiraglio giusto per il vantaggio iniziale, che spiana l’ascesa dell’Ungheria sul gradino più alto del podio. Tutto il mondo ammira la perfezione della rivoluzione magiara, mirabile connubio tra la necessaria solidità difensiva ed un’impressionante potenza offensiva di sopraffina caratura tecnica. E il ‘colonnello’ ne è l’indiscusso condottiero.



Per leggere la seconda parteclicca qui!

Per rimanere sempre informato sull’Ungheria segui la nostra pagina facebook: clicca qui!

 

© Riproduzione riservata

Foto: giocopulito.it, sport.sky.it