Il 13 febbraio è il giorno internazionale della radio. Un’amara coincidenza per l’emittente ungherese Klubrádió, la cui licenza per trasmettere sulla frequenza 92.9. è stata revocata alla mezzanotte del giorno successivo.

Definita dall’associazione nazionale dei giornalisti ungheresi come l’unica emittente pubblica a non essere sotto l’influenza del governo, Klubrádió cessa quindi di esistere dopo oltre 20 anni dalla sua prima trasmissione.

ANNI DI TENTATIVI

Nel 2018, nel corso di un’intervista, il giornalista radiofonico György Bolgár aveva raccontato i diversi tentativi da parte del governo volti a chiudere Klubrádió. Prima vennero tagliati i fondi per la pubblicità e l’emittente si rivolse al pubblico con una raccolta fondi. Poi, nel 2013 le trasmissioni vennero sospese. La licenza fu rinnovata solo l’anno successivo ma venne limitata solo alla capitale, Budapest.

Dalla mezzanotte del 14 febbraio, Klubrádió si spegne definitivamente per non avere notificato in tempo alle autorità quanta musica ungherese fosse andata in onda nel corso dei suoi programmi. Una notifica obbligatoria, è vero, per tutte le stazioni ma la cui scadenza non è stata rispettata proprio da tutti. E nonostante il ricorso, il tribunale di Budapest ha confermato la decisione adottata dall’autorità nazionale dei media.

LA POSIZIONE DEI GIORNALISTI

Klubrádió è sempre stata una stazione chiaramente di sinistra, critica del primo ministro Viktor Orbán e del suo partito Fidesz. Fino ad oggi il numero di ascolti si aggirava intorno ai 200.000 al giorno.

Il direttore della emittente András Arató ha detto “se avessimo davvero infranto una legge, ci avrebbero imposto una multa e non è successo.” Arató ha dunque promesso di fare ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo e alla Corte di giustizia dell’Unione in Lussemburgo, dal momento che non si tratta più solo di libertà di espressione o di stampa ma di discriminazione vera e propria contro un ente specifico dal momento che le stesse regole sembrano non valere per tutti.

Anche per i giornalisti della stazione si tratta di un tentativo politico di silenziare quelle voci critiche del Paese, dietro il pretesto della legalità, o in questo caso non legalità delle loro azioni.

“Il governo ha sempre alzato le mani di fronte a scandali passati contro la libertà di stampa, come nel caso di Origo, Népszabadság o Index, dicendo di non poter interferire nelle decisioni di aziende private. Ma nel caso di Klubrádió, questa possibilità di discolparsi non esiste dal momento che le decisioni sono proprio nelle mani di autorità i cui membri fanno parte di un unico partito politico,” si legge in un comunicato stampa dei giornalisti.

GIORNI BUI PER LA LIBERTÀ DI STAMPA

Critiche forti anche da Bruxelles e dalla comunità internazionale. Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović ha definito la giornata del 14 come un giorno nefasto per la libertà di stampa. E la Commissione europea ha richiesto all’Ungheria di ripristinare le trasmissioni dell’emittente. Secondo Roberto Viola, direttore generale di DG CONNECT presso la Commissione, la decisione di chiudere Klubrádió è altamente discutibile da un punto di vista legale e potrebbe causare danni irreparabili.

Anche l’associazione Reporters Without Borders ha condannato l’ennesimo colpo basso al pluralismo dei media e ha chiesto nuovamente alla Commissione europea di indagare sulla questione. 

L’Ungheria si posiziona infatti 89esima (su 180 Paesi) nel World Press Freedom Index, pubblicato ogni anno da Reporters Without Borders, due posizioni più in basso rispetto al 2019 e ben 66 posizioni in meno rispetto al 2010, quando era al 23esimo posto.

POSSIBILI NUOVE DISCUSSIONI SUI FONDI EUROPEI?

Oltre che un duro colpo per la libertà di stampa, la decisione dell’autorità nazionale dei media arriva in un momento economico e politico piuttosto delicato.

Da un punto di vista politico, l’Ungheria è da anni al centro del mirino per le sue continue violazioni contro lo stato di diritto e quest’ultima decisione non fa altro che attirare nuovamente attenzione su questi problemi. Da un punto di vista economico, questa decisione potrebbe costare cara anche alle tasche degli ungheresi, visto le recenti discussioni sullo stato di diritto e il recovery fund.

Lo stato di diritto infatti si basa su quattro pilastri: l’indipendenza del sistema giudiziario, la lotta alla corruzione, il pluralismo dei media e tutte quelle dinamiche istituzionali all’interno dell’ordinamento giuridico. E il pluralismo dei media rientra proprio fra gli aspetti più criticati dalla Commissione nel suo primo rapporto annuale sulla condizione dello stato di diritto in Europa.

A novembre, l’Unione Europea aveva raggiunto un accordo sul Fondo per la Ripresa e il bilancio a lungo termine per il prossimo settennato (2021-2027) che in totale ammonta a 1.074 miliardi di Euro. Il Parlamento aveva in seguito raggiunto un accordo provvisorio con la presidenza del Consiglio europeo per sospendere i pagamenti dal bilancio UE a uno Stato membro che non rispetta i principi dello stato di diritto, come Ungheria e Polonia. Di conseguenza, Budapest e Varsavia avevano posto un veto al bilancio. Settimane di tensione per l’UE a dicembre, visto che la ferma posizione di due Paesi rischiava di bloccare aiuti economici per tutti, inclusi Paesi come l’Italia duramente colpiti dal coronavirus.

La situazione sembrava essersi risolta. I Paesi avevano infatti raggiunto un compromesso: i fondi sono stati sbloccati e la clausola dello stato di diritto verrà fatta valere solo dal 2022. Una vittoria per Viktor Orbán, visto che il 2022 è proprio l’anno delle elezioni.

La situazione è comunque precaria e la decisione di chiudere la stazione di Klubrádió potrebbe aprire nuovamente discussioni sullo stato di diritto e sull’erogazione o meno dei fondi europei all’Ungheria.



Per rileggere le critiche dell’UE sulla libertà di stampa in Ungheria: clicca qui!

 

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Foto: pagina Facebook di Klubrádió e András Arató.