Ha scritto la storia del calcio. E non perché abbia vinto un mondiale praticamente da solo come Maradona o perché di coppe del mondo se ne sia portate a casa tre come Pelé. A lui è bastato arretrare una ventina di metri sul rettangolo di gioco e, da quel momento, il calcio ha imboccato un’altra direzione. Vero è che la paternità dell’invenzione del ‘centravanti arretrato’ o di manovra la si deve a Márton Bukovi e Gusztav Sebes – rispettivamente allenatore della MTK Budapest e c.t. della Nazionale ungherese – ma chi, poi, la mise in pratica magistralmente sul prato verde fu Nándor Hidegkuti.

Da solo simboleggiò la svolta tattica che prese vita in terra magiara, perché con lui il centravanti, o meglio il centrattacco (come si usava definirlo una volta) da finalizzatore per eccellenza delle trame offensive della sua squadra diventa l’ispiratore delle stesse. La metamorfosi va inquadrata nel contesto dell’evoluzione che portò a concepire un’alternativa sostanziale al ‘sistema’, impostazione allora assai in voga ed etichettata anche come ‘WM’, col centromediano metodista arretrato al centro della difesa. Il vuoto che veniva dunque a crearsi nella mediana è compensato da Bukovi e Sebes proprio con la retrocessione del centravanti e l’accentramento dei due esterni di attacco, chiamati a far coppia sotto rete.

Statua dedicata a Nándor Hidegkuti davanti allo stado dell’MTK a Budapest

Hidegkuti è l’uomo che meglio di chiunque altro interpreta questa rivoluzionaria concezione del football, non a caso passata alla storia come ‘calcio socialista’, perché la nuova posizione in campo di Nándor aumenta il tasso di fosforo ed inventiva della mediana a tutto beneficio del gruppo. Tradotto in nomi, Hidegkuti è chiamato a rifinire le geometrie di gioco di un costruttore come Bozsik, sfruttando sulle fasce l’imprevedibilità dell’ala Czibor e inventando soluzioni per le due punte che da tutto questo dovevano trarre profitto, ossia Kocsis e, soprattutto, Puskás.

Dotato di un’eccellente visione di gioco, Hidegkuti diventa il vero fulcro della manovra, il passaggio obbligato di tutte le trame che producono una vera e propria messe di gol. Il suo mettersi a disposizione della squadra è caratteristico di un modulo che, pur potendo contare su eccellenti individualità, mette al primo posto il collettivo. Nasce così il 3-2-3-2 di marca magiara – o, se si preferisce, lo schema ‘MM’ (o ‘WW’, se visto dalla difesa) – che è destinato ad infuocare la contrapposizione dogmatica tra ‘sistemisti’ e ‘metodisti’ e ad alimentare ancor più la disputa su quale delle due scelte tattiche fosse da privilegiare. Certo, l’arretramento del centravanti comporta una trasformazione non solo del proprio modo di giocare, ma anche di quello degli avversari, perché, inevitabilmente, li si priva di un punto di riferimento fisso, quale era allora la punta avanzata. In questo modo i difensori sono costretti a tenere a bada i due elementi che una volta fungevano da esterni e, ora, manovrano come attaccanti accentrati. Il che vuol dire che i rischi per le retrovie aumentano.

Stadio dell’MTK Budapest intitolato a Nándor Hidegkuti

Hidegkuti è il simbolo del nuovo che avanza e che, da quel momento, porta un solo nome: Aranycsapat, ovvero la squadra d’oro. Quella che alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 si fregia dell’oro olimpico e che il 25 novembre 1953, a Wembley, si toglie l’enorme sfizio di umiliare a domicilio i ‘maestri’ inglesi, travolti per 6-3 in quella che è passata alla storia come una ‘amichevole ideologica’. Non è un caso che in quell’incontro Nándor apponga la propria firma sul tabellino dei marcatori per ben tre volte, la prima dopo appena un minuto di gara. È la prova evidente di come il nuovo modulo potesse spiazzare le difese del tempo, predisposte a marcare un attaccante fisso al centro della prima linea rivale. Solo la proverbiale solidità tedesca priverà al mondiale del ’54 l’Ungheria del massimo titolo, nella finale che la Germania ovest si aggiudicherà per 3-2. Ma quell’insuccesso e la contemporanea fine della leggenda magiara non hanno impedito ad Hidegkuti di fare scuola: la favola olandese degli anni ’70 ed il ‘calcio totale’, con Cruijff a ricamare magie tra centrocampo ed attacco, a ben vedere discendono da quel felice esperimento. Così come l’odierno falso nueve altro non è che un nipotino di Nándor.

 

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